La Settimana Autentica
Negli antichi documenti della liturgia ambrosiana la settimana santa è chiamata curiosamente settimana «autentica», quasi a voler dire che è la «vera» settimana dell’anno liturgico, la settimana eminente fra tutte le altre, proprio perché in essa il credente è chiamato a ripercorrere il mistero pasquale di Cristo che per la nostra salvezza soffre, muore e risorge.
di Marco Navoni
(tratto da chiesadimilano.it)
Le celebrazioni liturgiche della settimana santa non sono la semplice ripresentazione cronachistica di quanto è avvenuto nella prima settimana santa di duemila anni fa. E non sono neppure il ricordo psicologico e nostalgico di fatti irrimediabilmente congelati nel passato, senza che abbiano attinenza alcuna con il nostro presente.
Attraverso la celebrazione liturgica, infatti, gli eventi commemorati (la passione, morte e risurrezione del Signore) si rendono presenti nell’oggi e la loro efficacia salvifica si fa per noi attuale. E così i credenti sono chiamati annualmente a fare esperienza della redenzione, partecipando ai sacramenti che trovano nella pasqua di Cristo la loro origine fontale.
Dunque protagonista unico e assoluto della settimana santa è Cristo Signore. Ma chi ne celebra la commemorazione liturgica, per attingere alle sorgenti della salvezza, è la sua Chiesa. Potremmo chiederci, da questo punto di vista, di quale natura sia il rapporto che lega questi due soggetti (Cristo e la Chiesa) nella prospettiva specifica della liturgia che si celebra nei giorni della settimana santa.
Si potrebbero dare, a questo proposito, molte risposte. Ma forse ve n’è una che in modo particolare può essere considerata la più ricca ed esaustiva dal punto di vista spirituale e liturgico: il cosiddetto rapporto sponsale. Infatti, per usare un’espressione che da san Paolo (Ef 5,25-27) attraverserà tutta la tradizione cristiana, Cristo è lo Sposo della Chiesa; e la Chiesa ne è dunque la Sposa.
E questo è un tratto peculiare della settimana santa ambrosiana; o meglio, è la prospettiva peculiare secondo la quale la Chiesa ambrosiana rivive nella liturgia i fatti della pasqua di Cristo.
In effetti, un cronista si accontenterebbe di ripercorrere e ricostruire la cronologia dei fatti capitati a Gesù di Nazaret negli ultimi giorni della sua vita terrena. E, con ogni probabilità, riuscirebbe a fare tanto meglio il proprio mestiere, quanto più fosse in grado di offrirci una ricostruzione asettica, imparziale, gelidamente obiettiva di quanto è accaduto.
Ma la liturgia non è cronaca. Chi infatti, attraverso la celebrazione liturgica, ripercorre le tappe cronologiche di quei giorni cruciali è per l’appunto la Chiesa, cioè la Sposa, che rivive con emozione, coinvolgimento e tensione gli ultimi giorni della vita terrena del proprio Sposo, Gesù Cristo. È proprio questa prospettiva che permette di interpretare correttamente alcune caratteristiche tipiche della liturgia ambrosiana del triduo pasquale. E nel contempo questa stessa prospettiva educa i fedeli a vivere le celebrazioni della settimana santa non come spettatori di una sacra rappresentazione, ma, in quanto membra vive della Chiesa, come protagonisti di un dramma che li coinvolge direttamente, anche dal punto di vista emotivo.
E così – solo per fare una rapida sintesi delle principali celebrazioni del triduo pasquale – nella messa del giovedì santo sera la Chiesa Sposa è chiamata a condividere la notte dell’eucaristia, dell’agonia, del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro, attenta a non farsi coinvolgere «nelle tenebre del discepolo infedele».
Al venerdì santo la Sposa accompagna il suo Signore fino al Calvario, ne contempla la morte salvifica ed entra in una specie di lutto, di “stato di vedovanza”, facendo l’esperienza bruciante della perdita del proprio Sposo: l’assenza della comunione eucaristica in questo giorno – come diceva l’arcivescovo Montini – fa percepire ai fedeli in qualche modo «la perdita del Dio vivo», rasentando «il confine dello spavento e della disperazione».
Ma la Chiesa non è vedova disperata, è Sposa fedele e fiduciosa: e infatti, sorretta dalla speranza e dalla Parola di Dio, nella veglia pasquale ritrova Cristo Signore risorto, e fa esperienza della sua potenza salvifica attraverso i sacramenti del battesimo e dell’eucaristia. Giustamente – come diceva un antico autore dei primi secoli cristiani – la notta di pasqua è la “notte ninfagoga”, la notte che, dopo i giorni della passione e del lutto, fa reincontrare nella gioia pasquale lo Sposo e lo Sposa.